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BENTORNATO CAROSELLO!

Lo aspettavo con un misto di emozione e di speranza professionale.
Lo aspettavo da quando, in questo mestiere mai nato del tutto, in molti abbiamo iniziato a pontificare sulla necessità di tornare a raccontare storie.
Doveva tornare Carosello.
I motivi erano tanti: le nuove reason why che non ci sono più, la tv che si guarda poco e quando va bene facendo altro, e la frequenza, quella degli spot, che sta diventando fastidiosa e fuori dal tempo.
Doveva tornare Carosello perché le marche potessero passare un po’ di tempo con le persone senza stufarle e potessero “entrare nei loro preferiti”.
Mi aspettavo però che il nuovo Carosello rinascesse in forma nuova, per costruire una voglia di appuntamento e che fosse – com’era una volta – da non perdere.
Quello che ho visto ieri era però un Carosello delle larghe intese, con qualcosa di antico messo lì senza un motivo, molto di uguale agli spot di un banale break del daytime e soprattutto con niente di nuovo.
Senza un pensiero televisivo, un tema narrativo, una sceneggiatura intelligente, una strategia di conquista, un’idea di innovazione o semplicemente un minimo di intrattenimento.
Delusione. Mi ero messo anche il pigiama.

(per la regola che non basta criticare, dopo questo sfogo abbiamo pensato di pubblicare un pensiero scritto un paio d’anni fa da noi, su un’idea nuova, per un nuovo Carosello. La trovate qui: CAROSELLO.PDF )

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Modelli economici.

Oggi uso questo spazio per fare (davvero) solo pubblicità per Brand Habitat.

E’ cambiato il modello economico. Anzi sono cambiati i modelli economici: quello delle relazioni, degli acquisti, dei trasporti…ma soprattutto è cambiato il modello economico della comunicazione!
E’ una questione di pubblico, di mezzi, di organizzazione efficiente e semplice del nuovo lavoro.
Ma andiamo con ordine:
1. Se è vero che “la comunicazione e’ dappertutto!” e come dice qualcuno “tutto comunica!”, è altrettanto vero che le persone hanno nuove attese dalle marche e da quello che dicono.
2. I media mix sono piu’ difficili da decidere, da organizzare, da connettere, ed è più difficile provare la sensazione di aver fatto tutto quello che servirebbe fare (bellissimo: anche in comunicazione il verbo “fare” sta sostituendo il verbo “dire”!).
3. Sempre più spesso le marche e le persone che lavorano per loro sono chiamate ad esporsi pubblicamente.
4. Sta nascendo un nuovo bisogno, quello di un servizio strategico per la comunicazione che sia più pratico e concreto. Una regia continuativa di tutte le iniziative, fatta (davvero!) a quattro mani con le marche.
5. E il primo livello della creatività va spostato dove deve essere: nella strategia.

Questo è quello che propone Brand Habitat.
(A questo link potete scaricare il libretto che spiega bene tutto quello che facciamo).

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.post-lab :-)

E’ finito il nostro brand habitat lab. Gran bella esperienza, per noi, per chi ha partecipato e credo anche per Alfa Romeo, cui abbiamo raccontato un habitat potenziale che crediamo sia davvero molto potenziale. Mi sto riprendendo, anche se mancano un po’ i martedì sera tra i post-it, la  pasta delle dieci, gli insight, le intuizioni e la scoperta di territori nuovi. Riflettevo sulle cose che ho imparato in questa esperienza e tra le tante, ve ne racconto una che riguarda noi e il lavoro di comunicatori in cui siamo impegnati (crisi permettendo).
Beh questo lavoro, e me l’hanno insegnato i nostri ragazzi del lab, è cambiato e parecchio.
Non per i budget e i soliti luoghi comuni di cui si parla nelle agenzie: è cambiato perché non basta più la specialità!
Non basta saper fare un pezzo e poi, come nella staffetta, mandare avanti un altro!
Per riuscire a raggiungere la velocità delle persone e fare qualcosa di buono per le marche dobbiamo cambiare pelle.
Sapere a tutto tondo, orgogliosamente generalisti!
Sapere di vita umana, di psicologia, di mercato, di numeri, di scrittura, di cinema, di creatività, di mondo, di cucina, di gossip e di qualunque altra cosa che interessa le persone.
La specialità viene dopo.
Ecco la nuova sfida, generalisti e specialisti insieme.
Tutt’altro che riduttivo: in fondo se Google parlasse solo di musica, gli chiederemmo solo qualche volta di suonare.

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.torna l'insight

Siamo appena tornati all’università per una nuova avventura tra brand habitat, studenti e marche da inventare, e abbiamo ricominciato a prenderci il tempo di ripartire dalle cose importanti, quelle che fanno la differenza.
Siamo tornati a parlare di insight. Che bello. Penso che ci dorvemmo imporre ogni tanto di farlo, così per il gusto di farlo e per training. Alla fine, più lavoriamo e più ne parliamo, è tutto lì: il mondo della comunicazione, qualunque comunicazione, moderna, tradizionale o futuribile è interessante per le persone solo se e quando incontra e intercetta un insight rilevante e vero.
E allora avanti. Cerchiamoli questo insight. Non assomigliano alla strategia, non sono ancora creatività, sono cose semplici, naturali, pensieri che fanno sorridere per la loro verità, al limite della banalità. Sono quelle cose che alla fine ci fanno dire “è vero”. Questo è un bell’esempio! Il volto di un dittatore non amato diventa una forte spinta a votare alle nuove elezioni. E’ successo in Tunisia. L’insight, la semplice verità su cui si basa quest’idea: la paura ci fa reagire! Bellissimo.
A proposito di paura: l’unica che dobbiamo avere nel nostro lavoro è non riuscire a vedere gli insight 🙂

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.tecnologia e rilevanza

Tra pochi giorni esce il nuovo i-pad. Sarà bellissimo e qualcosa dentro di noi ce lo suggerisce già. Ragionavo ieri su quale sia la nuova tecnologia che ci riesce davvero a colpire: certamente è quella che riesce ad avere un impatto anche sul nostro corpo, quella che cambia qualche modo di sentire fisicamente gli oggetti che usiamo. C’è qualcosa di fisico che ci ha conquistato nelle cose senza spigoli di Apple (essere senza spigoli è neurologicamente attraente), sarà quel nuovo uso del dito medio, sarà la semplicità dell’innovazione. Poi, all’opposto, c’è il resto della tecnologia (auto, tv, videocamere, computer normali, aspirapolvere, centrifughe, rasoi elettrici, ecc. ecc.)  con le loro nuove sigle che combattono per essere ricordate. Ecco proviamo così: per comunicare tecnologia abbiamo tre strade. O sei Apple (e capita purtroppo solo a loro!), o dichiari quello che hai inventato per essere subito superato e dimenticato, o provi a parlare di meno e dimostrare quello che sei e quello che vedi. per avere una chance di incontrare intuitivamente un desiderio e un insight. Chissà che per riuscire a farlo non sia necessario mettere insieme un ingegnere e un giocoliere di strada.

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.funzionalità vs azione

Veri progetti. Alcuni anche a lungo termine. Ma quello che conta è che sono solo parzialmente progetti di comunicazione. Questo sembra essere (il presente) e il futuro della comunicazione.
Non più comunicazioni funzionali. Ma azioni concrete che dimostrano quanto una marca può essere la migliore perchè innamorata di quello che fa e delle persone per cui lo fa. E solo allora il messaggio diventa funzionale.
Certo, alla base di ciascuna iniziativa c’è anche un concetto strategico forte e ispirante, capace di esprimere contemporaneamente la visione della marca e i desideri delle persone.
Troppa filosofia, passiamo agli esempi.

Sharpie incontra un artista, ne segue il lavoro, lascia che le sue idee parlino per il migliore dei pennarelli in circolazione (il migliore!).

CocaCola. In occasione delle Olimpiadi 2012 decide di realizzare un documentario. Il tema: il suono dello sport. E diventa un progetto visionario, un po’ folle, ma interessante in pieno spirito CocaCola…e il resto è musica, sorriso, festa, felicità. Ovviamente.

http://www.fubiz.net/2012/02/23/coca-cola-beat-2012/

L’Oréal scrittura una tra le donne più belle del mondo…come dice lei in un’intervista “con le gambe a lunghezza variabile”. Eh sì…senza gambe. E lei ci spiega la sua visione di “perchè io valgo”. Decisamente tutta un’altra cosa rispetto a sentirlo dire da tante altre belle e brave attrici! Un progetto emotivo, reale, di marca responsabile. Speriamo.

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.la ricetta della felicità

Guardavo questo video molto interessante che prova a ribaltare una teoria che è alla base del nostro sistema economico e commerciale. Più le persone possono scegliere e più sono felici e appagate. Quindi la scelta è una ricetta per la felicità. E’ davvero così? La scelta è libertà o spesso si trasforma in ansia e difficoltà? Troppi cambiamenti e troppe varianti spingono ad un aumento dei consumi o alla fine diventano un freno? Un bel dibattito. Prima di prendere una posizione fate un pensiero al successo dell’ Iphone. Escludendo che sia il primo caso riuscito di comunismo reale, avremmo pensato possibile un tale successo per un oggetto che in fondo è drammaticamente uguale per tutti? Buona visione e un augurio per la settimana: sentire meno l’ansia come uomini di marketing e di comunicazione di inventare qualcosa da vendere, a meno che non serva davvero.

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.oggi: apre il primo brand habitat lab! (ospite Alfa Romeo)

E’ da un po’ che lo diciamo…ci piacerebbe aprire di più l’agenzia, ricevere persone, idee, scambiare opinioni, e perchè no, sperimentare nuovi modi di lavorare, diversi da quelli più classici.

Ne abbiamo parlato spesso nei mesi passati: il mondo sta cambiando in tutte le sue sfaccettature. Le persone, l’ecologia, i viaggi, il lavoro, i prodotti, la rete, e persino la politica: tutto cambia. Ma la comunicazione non ha ancora trovato una sua via al cambiamento.

Non pensiamo che l’ingrediente segreto sia più “fai un video e caricalo”, come è sembrato per un po’ di tempo. Ma sicuramente è necessaria una nuova capacità di organizzazione delle libertà creative a disposizione. E non solo perchè sono a disposizione, ma perchè anche “la pubblicità” ha bisogno di cose nuove!

E allora oggi vogliamo dare inizio a un bell’esperimento di comunicazione diversa (per noi e per chi deciderà di partecipare al lab). Diversa: sicuramente nel modo di lavorarla, speriamo anche nelle idee che ne usciranno!

Il lab è un vero laboratorio aperto di strategia e di comunicazione, che partirà con la selezione di otto persone tra studenti, giovani professionisti, amanti della comunicazione, amici, designer, artisti, sperimentatori di qualunque arte grafica o sociale, e aprirà una serie di 8 serate di lavoro.
In mezzo al lab ci sarà Alfa Romeo, che ha capito il valore sperimentale e innovativo di quest’idea e si è prestata a essere oggetto di questo lavoro.

Per ora il lab è un’iniziativa che parla di comunicazione aperta e di Dotbetter. Per noi è però anche un inizio di un modo di lavorare diverso, che dopo questo primo esperimento, ci piacerebbe far diventare nuovo standard di lavoro.
Adesso cerchiamo talenti e non vediamo l’ora di cominciare! 😉
Per saperne di più: www.dotbetter.com

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Buon anno :-)

E’ iniziato il 2012! E’ tempo di buoni propositi che non siano i soliti “quest’anno imparo l’inglese” oppure “mi iscrivo in palestra”.  E’ tempo di buoni propositi diversi dagli anni scorsi, perché sembra che quest’anno l’Italia sia cambiata in pochi mesi più di quanto non abbia fatto in molti anni. E’ cambiato il governo, siamo tutti interessati alla finanza e allo spread, il dibattito politico televisivo ha abbassato il volume e a parte qualche sfogo di aggressività stiamo ascoltando dibattiti quasi eleganti tra persone che fino a ieri vivevano di insulti.Il cinepanettone ha dimezzato gli ascolti e gli spettatori dopo anni di indiscusso successo, i TG sembrano più intelligenti e persino le protagoniste di scandali dell’altro ieri hanno messo su famiglia.Non vorrei essere troppo ottimista o troppo superficiale, ma sembra che stia cambiando di colpo il tono di voce dell’Italia. Perfino il sito del governo usa una nuova sottile ironia al posto delle storielle da caserma a cui eravamo abituati.Poi all’improvviso un break pubblicitario mi riporta indietro come in un dibattito vecchio, a insegnarmi che ho bisogno quella marca per esistere e a chiedermi di credere che le camomille non siano tutte uguali. E’ tempo di buoni propositi per chi fa il nostro mestiere! Buon 2012 alla comunicazione: chissà che possa davvero essere il suo anno.

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.colazione da gossip

Se io fossi il direttore marketing di Plasmon, spendessi un sacco di soldi per le mie oasi, pulite, perfette e senza pesticidi, sarei nervoso a vedere le mamme dare ai bambini altri biscotti, merendine, patatine e porcherie. Basta. E’ ora di reagire e di spiegare la verità. Proviamoci.

“Mamme, ve lo confesso, anche a noi della Plasmon piacciono i Pan di stelle. Vi dico di più: io e i miei figli li mangiamo quasi tutte le mattine. Sì, i miei figli quelli un po’ più grandicelli.
Ai piccoli, quelli piccoli davvero, che hanno ancora bisogno di attenzioni da cucciolo, preferiamo dare i nostri Plasmon perché sappiamo che dentro non c’è nulla di tutto quello che a noi grandi può anche non fare male, ma per loro potrebbe essere dannoso. Ah, qualche volta li mangiamo anche noi. Perché sono buoni e poi, ogni tanto, è bello ritornare bambini. Un abbraccio. Plasmon”.

Forse, con un testo così, gli altri non si sarebbero arrabbiati così tanto.

(Ma non è che si sono messi d’accordo ed è tutta una montatura perché sanno che ci piace il gossip? ☺ Quando entra in scena Kellogg’s? Intanto noi abbiamo tutto il weekend per spettegolare! Via!)